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Channel: AFRICOM – Pagina 340 – eurasia-rivista.org
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Le dinamiche latitudinali e longitudinali

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Quando i grandi spazi dell’Antichità si formano, seguono un’evoluzione di tipo latitudinale, favoriti dalla posizione del Mediterraneo romanizzato, dalla cintura desertica, dal tracciato dei massicci montuosi. Da allora, il posizionamento dei grandi spazi dell’Antichità segue un asse Est-Ovest, corrispondente al parallelismo della zona temperata settentrionale, della zona sub-tropicale e della zona tropicale. Solo i più antichi imperi fluviali, come l’Impero egizio lungo il Nilo, la Mesopotamia, la cultura pre-ariana dell’Indo costituiscono delle eccezioni. L’orientamento di questi imperi, contrario a quello dell’Impero romano, è loro imposto  dal corso della loro arteria vitale (il fiume). Tale orientamento influenza tutto il corso della loro storia, fino al momento in cui essi vengono assorbiti dal primo grande spazio latitudinale del Medio Oriente, l’Impero achemenide degli Iraniani.

A partire da questo momento, si dispiega la dinamica latitudinale, con i Fenici, gli Elleni, i Romani, gli Arabi, i popoli della steppa, i Franchi, gli Iberi. In effetti, i popoli iberici traspongono dapprima la loro potenza da un mediterraneo ad un altro, dal Mediterraneo romano a quello dei Carabi, in America. Essi proseguono così la logica latitudinale. Quando raggiungono le rive del Pacifico, questa espansione latitudinale prende la forma di un ventaglio. Tra il 1511 e il 1520, i Portoghesi da Ovest e gli Spagnoli da Est raggiungono il primo grande spazio che tenta di svilupparsi longitudinalmente verso Sud, contando sulle proprie forze; all’epoca, questo grande spazio è il portabandiera dell’Asia orientale, vale a dire la Cina, potenza che spesso ha cambiato forma esterna pur mantenendo la sua cultura e il suo patrimonio razziale. Prima dell’arrivo degli Iberici e prima dell’adozione di questa logica di espansione longitudinale, anche la Cina si era estesa latitudinalmente.

Il flusso migratorio asiatico-orientale, cinese e giapponese, avviene su un asse Nord-Sud, nel momento in cui l’espansione coloniale spagnola lo attraversa costituendo nello stesso tempo il primo impero latitudinale “sul quale il Sole non tramonta mai”. La Spagna non conserva il suo monopolio che per 70 anni. Poi, sulle sue tracce, arrivano quelli che vogliono confiscarle la sua potenza e diseredarla. Il più potente di questi nuovi avversari è l’Inghilterra, che si mette rapidamente a costruire il suo primo e il suo secondo impero, la cui configurazione presenta numerose torsioni, ma rimane comunque il risultato di un’espansione latitudinale, determinata dalla posizione del Mediterraneo, il cui controllo garantisce il possesso dell’India. Quanto all’impero degli zar bianchi e poi rossi, esso segue in direzione Est l’estensione latitudinale della zona dei campi di grano. Tra i due imperi si situa una zona-tampone. Negli anni 40 del XX secolo, emergono quasi simultaneamente due costruzioni geopolitiche longitudinali, la costruzione panamericana e la costruzione grande asiatico-orientale, che sfuggono entrambe a questo campo di forze latitudinale, danno impulso ad espansioni lungo assi Nord-Sud e inquadrano le espansioni imperiali britanniche e russe.

Se si paragona questo nuovo stato di cose  alla concezione dinamica di avanguardia di Sir Halford Mackinder, da lui chiamata “the geographical pivot of history” ed enunciata nel 1904,  — essa corrisponde perfettamente alla situazione di quell’epoca —  il nuovo orientamento delle espansioni panamericana ed asiatico-orientale costituisce una formidabile modificazione del campo di forze sulla superficie della Terra; in questo nuovo contesto, il tentativo di realizzare l’idea di Eurafrica o gli sforzi dell’Unione Sovietica di abbandonare la sua dinamica latitudinale per orientare la sua espansione  verso il Sud e i mari caldi e per costituirsi uno spalto indiano, non dispiegano un’energia cinetica altrettanto potente.

Questa constatazione è tanto più preoccupante in quanto, nella vasta area asiatico-orientale, si può constatare una impulso interno che conduce ad una sorta di auto-limitazione centripeta, che intende concentrare tutti gli sforzi sul grande spazio in cui vivono dei popoli affini. Questa volontà centripeta è già operante e visibile. Ora, la potenza imperialista degli Stati Uniti non è centripeta ma, dopo la concretizzazione della dominazione nord-americana sullo spazio panamericano, essa estende i suoi tentacoli in direzione dell’Africa tropicale, dell’Iran, dell’India nonché dell’Australia. L’imperialismo americano parte dalla sua base, cioè da un territorio formato a partire da un’espansione longitudinale, per assicurarsi la dominazione del mondo, avviando a sua volta e a suo vantaggio una dinamica  latitudinale. Questo imperialismo già si prepara a contrastare l’espansionismo dei suoi futuri nemici preparando una terza guerra mondiale.

Dunque, a partire dall’espansione longitudinale panamericana, l’imperialismo di Washington mira senza pudori a diventare l’unica potenza imperialista del globo, se si eccettua tuttavia il pericolo rappresentato dalla rivoluzione mondiale sovietica. A fronte di questa rivoluzione sovietica, la grande area asiatico-orientale ha reso dinamico il proprio spazio culturale e innescato il dispiegamento della propria potenza. Essa pensa così di garantire il proprio futuro costituendo una zona-tampone.  Da una generazione, gli osservatori ritengono che pure l’Europa debba darsi una tale zona-tampone, come del resto già suggerito da uomini come Ito, Goto, etc., per fare opposizione alle mire espansionistiche dello zarismo.

La collisione frontale tra dinamica longitudinale e dinamica latitudinale è molto visibile in Africa, nello spazio islamico e nella zona in cui l’impero britannico sembra sfasciarsi. Constatiamo dunque l’esistenza di due esigue linee di traffico aereo e marittimo, che si lanciano molto lontano verso Sud e al termine delle quali sembra essere agganciata l’Australia, continente vuoto, situato tra i territori compatti dove vivono le popolazioni anglofone e sulla principale via di espansione verso Sud della grande area asiatico-orientale. Mackinder aveva parlato di un “esterno in crescita” che correva il pericolo di essere abbandonato al mare: in questa parte della Terra, tale previsione è quasi divenuta realtà. È anche la ragione per cui in questo momento l’Europa non sembra più solidamente collegata all’Africa. La spinta laterale contro i dominatori delle latitudini è slittata verso Sud-Est.

Oggi ai Sovietici, padroni di quello che Mackinder un tempo chiamava il “pivot of history”, e all’Asse, cioè alle potenze dell’ “interno in crescita”, non resta che registrare il fatto. Certo, i sanguinosi combattimenti che oggi si svolgono sul teatro pontico [del Mar Nero] e caspico sono importanti per il destino della cultura europea, come tutti i combattimenti avvenuti in questa zona nel corso della storia, tuttavia, per la nuova suddivisione della Terra in raggruppamenti di grandi spazi, suddivisione che s’impone, questo teatro di guerra è divenuto secondario.

L’evoluzione geopolitica decisiva futura è la seguente: l’espansione latitudinale anglo-americana diretta contro l’espansione longitudinale asiatica si manterrà o sarà bloccata? Sia che questa lotta abbia una fine positiva che negativa, gli Stati Uniti credono di essersi assicurati nell’ex impero britannico garanzie territoriali sufficienti  per far tornare i propri conti. Nella pratica, questo significa che essi vogliono conservare l’America tropicale e, in più, l’Africa tropicale. Se essi ritengono che l’Insulindia, terza grande regione tropicale fornitrice di materie prime, che l’Iran già fortemente intaccato, che l’India, valgano enormi  sanguinosi sacrifici e colossali investimenti in denaro, essi se ne impadroniranno concentrando altrettante forze di quelle che concentrano per cacciare le potenze della grande area asiatico-orientale dai loro possessi ben fortificati. Per coloro che danno il loro sangue o il loro denaro alla causa degli Alleati, al fine che questi siano beneficiari della grande eredità, questa è la domanda più evidente da porre in questa lotta planetaria.

E’ per essere gli eredi di questo grande patrimonio, e non per dei principi, che gli Stati Uniti mostrano all’Europa i loro denti da gangster; nella grande area asiatico-orientale, essi non fanno sentire che quel rullo di tamburi che sono le declamazioni di McArthur, sospinto a fallire nel Pacifico la sua chance di diventare, un giorno, Presidente, come a suo tempo Cripps in India. Tra la Cina di Nanchino e la Cina di Chungking sono possibili, come in precedenza, i compromessi più pazzeschi, più sorprendenti. Il vasto ambiente chiamato in causa dall’espansione longitudinale della grande area asiatico-orientale è ancora pieno di energie latenti. Sul piano cinetico, queste energie si sono viste all’opera solo a sinistra del Giappone, soprattutto in Cina, ma non abbiamo ancora visto niente a destra. Lì, ci si aspetta una guerra che durerà dai dieci ai quindici anni. La Cina ha tenuto duro per 32 anni di guerre civili, il Giappone ha alle sue spalle dodici anni di guerra sul continente. E ha dimostrato di essere veramente in grado di colpire duro in direzione del Pacifico. Bisognerà avere ampio respiro, essere capaci di affrontare i tempi lunghi, di cogliere le dinamiche di vasti spazi, per comprendere la lotta che oppone la dinamica latitudinale alla dinamica longitudinale, le quali si dispiegano entrambe da una parte e dall’altra del Pacifico.

(Zeitschrift für Geopolitik, Nr. 8, 1943)


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